Glenn Frey: cantante, chitarrista e compositore. Nato a
Detroit, dove inizia a suonare rock & roll. Agli inizi del '68 si reca in
California dove incontra John David Souther, con il quale forma un duo di
country-folk-rock: Longbranche/Pennywhistle, che vive tre anni. Come tali i
due incidono un album per la Amos, un’etichetta defunta da tempo. Non è infatti
più che sufficiente, nonostante le illustri presenze (Ry Cooder e Buddy Emmons
sugli altri). È solamente un primo tentativo, un approccio un po' troppo
acerbo tra gli studi discografici. Non ha un seguito perché passa inosservato
(ovviamente). Conclusa questa esperienza, conosciuto Jackson Browne, Glenn
entra per far parte del gruppo che accompagna Linda Ronstadt.
Randy Meisner: bassista, cantante, compositore.
Proviene dal Nebraska. Emigrato a Denver, nel Colorado, è membro del complesso
dei Poor, che suona una sorta di folk-rock. Esibendosi con loro al Whisky di
Los Angeles, conosce i Buffalo Springfield con i quali intrattiene ottimi
rapporti sicché al loro scioglimento è, con Richie Furay e Jim Messina, tra i
fondatori dei Pogo, poi divenuti Poco. Dopo un anno lascia però il gruppo
perché insoddisfatto del suo sound. È presente comunque interamente nel primo
LP Pickin Up The Pieces, un buon lavoro, eccellente per molti, una delle
prime opere di country-rock. Randy, a distanza di tempo, riconosce che il
produttore Jim Messina ha agito come doveva e bene ha fatto a lasciargli così
poco spazio. Si unisce in seguito alla Band di Rick Nelson nella quale ritrova
alcuni membri del suo primo gruppo e partecipa all'incisione di due LP, uno dal
vivo (in concert), discreto e, otto mesi più in là, uno in studio. Rudy The
Fifth: accortosi di non avere spazio con Rick Nelson, torna nel Nebraska.
Ma ci ripensa e si stabilisce definitivamente a L.A., dove incontra Glenn.
Bernie Leadon: chitarrista, banjoista, cantante,
compositore. Da Minneapolis si trasferisce a San Diego nel 1957 dove fa parte
degli Scottsville Squirrel Barkers, un gruppo di bluegrass che comprende, tra
gli altri, Chris Hillman e Larry Murray. Con loro incide un buon disco che la
Arista olandese distribuisce nel '74. Nel '57 è in California, dove ritrova
Larry e suona nel suo gruppo di folk-rock, gli Hearts & Flowers, che si
esibisce nei più famosi ritrovi del sud come il Troubadour, l'Ash Grove, l'lce
Water... E' presente nel loro secondo LP Of Horses, Kids & Forgotten Women
(luglio '68), un discreto album della Capito! prodotto da Nik Venet. Bernie è
bravino con la chitarra ed è protagonista dell'ottimo brano country Legend
Of The Thomst. Ma gli Hearts & Flowers si sciolgono presto. Bernie
incontra Doug Dillard, che aveva appena lasciato i Dillards ed accompagnato in
alcune occasioni i Byrds. I due, entrambi fanatici di bluegrass, pensano di
suonare insieme. Trovano in Gene Clark un cantante ideale e costituiscono una
band che incide un album stupendo, The Fantastic Expedition. Il
contributo di Bernie è più significativo di quanto non sembri. Il suo nome
compare come autore in più della metà delle canzoni, la sua voce nei cori è una
presenza costante, la sua chitarra acustica molto piacevole. Il fatto che sia
ancora legato alla Capitol lo costringe ad apparire più come accompagnatore
che come protagonista, sia pure con un peso inferiore a quello di Doug e Gene.
Chiusa questa esperienza, quando Dillard e Clark optano per la strumentazione
elettrica, accompagnata la Ronstadt in alcuni tour insieme con Jeff Hanna,
viene invitato ad unirsi ai Flying Burritos Bros non appena questi perdono
Chris Ethridge (agosto '69). Con i Burritos incide due album Burrito Deluxe
al di sotto delle grandi aspettative con cui era atteso e FBB 3, molto
bello, ma nel quale viene troppo chiuso dalla personalità di Chris Hillman e
Rick Roberts. Proprio per questo nel luglio '71 Bernie ritiene più opportuno
andarsene per cercare spazi espressivi più ampi. Si aggiunge così a Glenn Frey
e a Don Henley, per accompagnare Linda Ronstadt. Va segnalato che Bernie,
mentre era coi Burritos, insieme con Chris Hillman e Sneaky Pete, suona
nell'album Barry McGuire And The Doctor (A&M). In un brano in
particolare la musica è eccezionale Too Much City. Vale la pena di
comprarlo.
Don Henley: cantante, batterista, compositore. Nasce nel
Texas a Linden non lontano da Louisiana e Arkansas. Nel '62 suona in una
dixieland jazz band, con la quale incide alcuni dischi per la Crab Records. Si
sposta più tardi sulla costa del Pacifico dove è in un gruppo che si fa
chiamare Shiloh. Insieme con lui sono Jim Norman come pianista ed organista, lo
steel guitarist Al Perkins (poi coi Burritos ed i Manassas), i due fratelli
Bowden, Mike, bassista e Richard, chitarrista (poi nella Roger McGuinn Band.
Gli Shiloh incidono un album per la Amos nel '70, prodotto da Kenny Rogers; un
lavoro insufficiente che non ha nessuna fortuna (ottima comunque la versione
del traditional Railroad Song, arrangiato da Al Perkins). Dice Don: “Non
ha venduto niente, ma non era affatto buono. Né le canzoni, tantomeno la
produzione. Dopo la sua pubblicazione la moglie di Kenny ci ha fatto da manager
ma senza alcuna esperienza; così, quando Al ha accettato l'offerta di unirsi ai
Burritos, ci siamo separati... ”. Insieme con Glenn, conosciuto al Troubadour
di L.A., è il primo ad unirsi al backup group di Linda Ronstadt.
Take It Easy. Le
Aquile nascono nell'agosto del '71 quando Glenn Frey, Don Felder, Bernie Leadon
e Randy Meisner decidono di lasciare Linda Ronstadt per tentare insieme la
fortuna. Trovano l'aiuto di una nuova casa discografica decisa a lanciare
giovani talenti, la Asylum di David Geffen. Dopo essersi fatti chiamare
dapprincipio Teen King and the Emergencies, più che altro per gioco, scelgono
il nome di Eagles. Bernie spiega perché: “Stavamo tutti quanti leggendo libri
sugli indiani Hopi e nella mitologia Hopi l'aquila è l'animale più sacro, più
spirituale. Essa vola vicino al sole e porta il messaggio al padre, simbolizza
tutti i più elevati princìpi morali. Speriamo che anche la nostra musica si
alzi così in alto”. A Glenn il nome piace invece perché suona come di una gang
di teen-ager. I quattro si fanno le ossa in un locale di Aspen, nel Colorado,
chiamato The Gallery dove si esibiscono quattro volte ogni sera, per un mese.
Randy lo ricorda così: “La Galleria era un piccolo dance-bar, capace di
contenere fino a 500 persone appiccicate insieme, dove tutti ballavano e
bevevano fino a cadere per terra. Era fantastico... Suonavamo molti pezzi originali
che avevamo preparato per l'album d'esordio, insieme con tante altre cose di
Chuck Berry, di Neil Young o dei gruppi da cui provenivamo”. Geffen li spedisce
poi a Londra per incidere il disco sotto la guida di Glyn Johns, affermato produttore
di Stones, Who, Steve Miller e Traffic, tra gli altri. La sua garanzia è la
capacità di manipolare con eguale bravura materiale folk e rock & roll.
L'album intitolato semplicemente Eagles esce. Il debutto è più che buono
anche se accanto a brani eccellenti c'è però qualcosa di mediocre.
La
gemma più preziosa è Take It Easy di Jackson Browne e Glenn Frey, un
country-rock che incarna lo spirito di California e che ha in sé ogni attributo
positivo possibile: è ballabile, orecchiabile, ha una melodia avvolgente,
parole intelligenti, un ottimo arrangiamento affidato a chitarra elettrica e
banjo, un canto vivo e vibranti armonie a quattro voci. Esce come singolo e
raggiunge i top 10 (il retro Get You In The Mood di Glenn Frey, un pezzo
vagamente rock-blues è inedito). Peaceful Easy Feeling canzone d'amore
del cantautore Jack Tempchin, è altrettanto eccellente (Bernie suona in questa
circostanza una Fender Telecaster cui Gene Parsons ha applicato lo string
bender, una invenzione sua e di Clarence White, capace di emettere suoni come
di una steel guitar). Ottima la versione di Train Leaves Here This Morning
scritta da Leadon assieme a Gene Clark e già sullo stupendo The Fantastic
Expedition. I migliori brani rock sono Take The Devil e Witchy
Woman, moderatamente veloci. Ma Tryin di Randy Meisner è un modesto
lavoro. Most Of Us Are Sad, di Glenn, un lento cui è stata aggiunta
troppa saccarina. Earlybird non esprime le reali possibilità del banjo
di Bernie ed è guastato dagli effetti sonori di un uccello che cinguetta
rauco. Anche Nightingale, che porta l'autorevole firma di Jackson
Browne, è sottotono. Leadon sostiene che la musica degli Eagles è una sintesi
di tutta quella degli anni sessanta, dal folk al country, al rock & roll.
Non si può dire che in questo primo album ciò sia completamente riuscito, ma
traspare con evidenza che è in questa direzione che si muove il gruppo. E
forse la migliore qualità dell'album è il senso di equilibrio interno, di
spazio equamente distribuito. I singoli che ne vengono tratti, che sono, oltre
al già ricordato Take It Easy, Witchy Woman e Peaceful Easy
Feeling, aiutano la sua buona affermazione.
Desperado. Alcuni mesi più tardi gli
Eagles preparano il secondo album. La lettura di un libro sul vecchio west,
regalato a Glenn Frey da Jackson Browne e Ned Dohneny, li convince all'idea di
fare un album avente come soggetto i fuorilegge. La storia delle imprese della
banda di Dalton e Doolin che andava in giro per il Kansas a rapinare banche
verso la fine del secolo scorso è per molti versi simile alla vita di un gruppo
di rock & roll, con i suoi trionfi, le sue sconfitte, le sue buone qualità,
i suoi difetti. Questa analogia di fondo sorregge il nuovo lavoro degli
Eagles, che prende il titolo della prima canzone che viene preparata in studio.
Alla fine sarà uno dei più bei long playing mai incisi nell'ambito della rock
music, un concept-album pur senza essere un'opera rock vera e propria. Desperado
è un discorso completo ed emozionante. L'atmosfera che vi si respira é
affascinante, lontana da facili sentimentalismi, creata con intelligente partecipazione
e gusto realistico. Il country-rock che ne viene fuori é dolce e aggressivo,
delicato e vivace. I brani corrono l'uno dietro l'altro, senza stasi ed
incertezze, le loro parole sono originali e sensibili. Una bellissima armonica
apre l'episodio di Doolin e Dalton, ripreso più in là solo strumentalmente. Il
banjo di Bernie Leadon sorregge insieme con il dobro il piacevolissimo Twenty
One cui segue il rock quasi hard Out Of Control.
Stupenda
è la dolce e sognante Tequila Sunrise dove Bernie usa di nuovo la Fender
Telecaster con lo string bender. Interessante e indovinato l'arrangiamento
orchestrale che Jim Ed Norman prepara per Desperado in cui respira aria
di gospel. L'inserimento di un brano scritto da un estraneo, Outlaw Man
di David Blue, è perfetto: eccellenti le chitarre, acustiche ed elettriche, la
batteria e il basso (specie sul finire) che ne drammatizzano l'atmosfera. Il
mandolino (di Bernie) tenta di fare un po' il protagonista in Saturday
Night, altro episodio dolcissimo; ma il momento più significativo appare
comunque Bitter Creek brano stupendo, che mostra come gli Eagles
sappiano accomunare semplicità, accuratezza e grinta, mettendo in risalto
tutte le loro possibilità espressive. La sensazione che si riceve dall'ascolto
dell'album é che gli Eagles temano di diventare delle rock-stars e perdere così
quella carica di spontaneità e freschezza degli inizi, poi non più
recuperabile... Peccato che l'idea di realizzare anche un film sia rimasta
tale... Desperado pur ricevendo favorevoli consensi vende 50.000 copie
meno del primo album, e i due singoli che ne vengono tratti Tequila Sunrise
e Outlaw Man fanno appena la loro comparsa nelle classifiche. Il gruppo
prende però a curare in particolar modo le esibizioni dal vivo. Stupendo lo
spettacolo al Berkeley Community Theatre (16 giugno ‘73) con più di due ore di
eccellente country-rock (pezzi dei due LPs più How Long di J.D. Souther
e un'intensa versione di Lazy Days di Gram Parsons) ed un concerto
tenutosi vicino a San Francisco a beneficio degli Indiani, durante il quale
accompagnano Neil Youg, e gli show della breve tournée europea di fine d'anno,
ancora con il cantautore canadese. In questa circostanza l'attenzione dei
critici si riversa più su di loro che sull'allora assai più famoso Young. (Il
gruppo suona in concerto un pezzo di Souther Don't Be Mean To Your Badman
che, secondo le loro parole, avrebbe dovuto apparire nel successivo LP, insieme
con una canzone di Richie Furay).
On The Border. Un
cambiamento è in atto. Durante le sessions di Los Angeles per la registrazione
del nuovo album, sotto la guida di un nuovo produttore, Bill Szymczyc, un nuovo
membro si unisce al gruppo: il chitarrista Don Felder, già accompagnatore di
David Blue (ma assente nei suoi dischi) e di Crosby e Nash in un loro recente
tour. Per inserire convenientemente gli effetti prodotti dalla sua chitarra
l'LP, che è pressoché pronto, viene remixato. L'ingresso di Felder dà maggior
peso al sound degli Eagles e accresce sensibilmente il loro potenziale
strumentale. Cosa che si pone in evidenza subito nel nuovo album, intitolato On
The Border (in un primo tempo sembrava dovesse chiamarsi On the
Borderland). Il giudizio su questo terzo lavoro è contrastante... Per
alcuni si tratta di una maturazione complessiva della band, per altri di una
delusione dal punto di vista musicale. Personalmente sto con i primi pur con
alcune riserve. Nel disco, brani rock e ballate si bilanciano tra loro, le
armonie vocali sono sempre eccellenti, corposo è il background strumentale. Ma
ormai emerge la leadership di Glenn Frey e di Don Henley che prendono pressoché
a guidare il complesso. Lo spazio di Leadon si fa infatti un pochino più
stretto. Il portafortuna dell'album è Best Of My Love (firmata da Frey,
Henley e Souther), il primo singolo a diventare number one. Il suo strepitoso
successo non solo porta il 33 giri molto in alto nelle classifiche, ma rilancia
anche i precedenti lavori, in particolare Desperado.
Il
pezzo più bello è però My Man, che Bernie Leadon dedica all'amico
scomparso Gram Parsons suonandovi anche una stupenda steel guitar. Gram è il
soggetto anche di un'altra canzone, la rockeggiante A Good Day In Hell
di Frey ed Henley, scritta mentre era ancora in vita. Si rivede Jack Tempchin
che con Stralund mette a disposizione del gruppo Already Gone, forse
eccessivamente lunga... Viene riproposto il mito di James Dean dal quartetto
già autore di Doolin' Dalton (Browne, Souther, Henley, Frey). Randy
Meisner scrive un brano molto bello Is It True? ed è grande al basso e
come vocalist in Midnigth Flyer di Paul Craft, che mette in evidenza il
banjo di Leadon e la slide di Don Felder... La versione di 01,55, facile
ballata sentimentale di Tom Waits, è assai piacevole. Troppo melensa è invece You
Never Cry Like A Lover, veicolo perfetto per la voce di Henley, così come
non convince il brano che dà il titolo all'LP per il suo ritmo funky (che fa
Leadon, indicato come coautore?). Così Glenn Frey commenta l'album: “On The
Border è un'esperienza con la quale abbiamo tentato di imparare ad essere
artisti anche in sala d'incisione.. E ciò è più difficile che diventare
cantanti o compositori. Alcune cose si imparano lentamente, con gli anni. Penso
che in questo disco abbiamo fatto dei progressi, che suoniamo con maggior
confidenza. L'ingresso di Don Felder ci farà migliorare la parte rock dei
nostri concerti. Quella più soffice non ne aveva bisogno... Don suona la slide
guitar in maniera tale da guidare il gruppo, da farlo ruotare intorno a sé”.
Con questo lavoro gli Eagles maturano la loro scelta musicale, comprendono che
rende di più venire incontro ai gusti del pubblico che anticiparli, si
accorgono che non sempre lodi e riconoscimenti (leggi Desperado)
garantiscono fortuna e fama e ne traggono buon insegnamento per il futuro, che
si presenta ormai più che roseo per loro. Spettacolare è l'esibizione all'Ontario
Speedway (6 aprile ‘74), registrata su di un bootleg intitolato EaglesAmerica,
del quale occupano la seconda facciata. Leadon è eccellente colla sua Fender
Telecaster in Tequila Sunrise ed esegue un brillante assolo al banjo in
Earlybird, che non appare nella versione in studio. Essi appaiono anche
in un programma televisivo: Don Kirscher in concert, mentre interpretano una
selezione di brani dei loro LPs e accompagnano Linda Ronstadt in tre pezzi, tra
cui Desperado. Frammenti di questo show si sono visti in Belgio ed in
Olanda.
One Of These Nights, il quarto LP, è pubblicato
nell'estate '75. È la consacrazione definitiva degli Eagles tra le superstars.
È il primo dei loro 33 giri ad avere contemporaneamente successo al di qua e al
di là dell'Atlantico. Non è un concept-album, ma secondo quanto dice Glenn
Frey, è ispirato da un unico motivo conduttore: “E' stato scritto in un
inverno; è scuro, misterioso. Ha come un feeling del tipo di Witchy Woman,
è ansioso, vuole anticipare qualcosa, è… una di queste notti. Ha molto a che
vedere con la carriera. L'abbiamo scritto per intero noi stessi. Tutti abbiamo
detto “una di queste notti dovrò... ritornare al ristorante e prendere quella
cameriera tra le braccia, a qualunque costo, trovare quella ragazza, aver quel
denaro, comprare quella cosa, muoversi in quel paese...” Ciascuno ha il suo
sogno finale da salvare per un determinato giorno. “Certo tutti noi abbiamo dei
propositi, dei progetti, dei sogni nel cassetto. Ma essi vanno in direzioni diverse,
non soltanto laddove è necessario il supporto del denaro per tentarne la
realizzazione. Perché è questo che il disco rivela profondamente, l'adesione
del gruppo alle regole del business”. È questa la svolta già in atto, che con One
Of These Nights viene definitivamente compiuta. La musica a questo punto è
solo evasione, non più momento di impegno o crescita personale, solo
passatempo, sia pure raffinato e ricercato. Anche a me pare che gli Eagles
stiano andando in discesa, che confezionino i loro singoli perché corrano su
per le classifiche, a discapito di un pur modesto tentativo di novità. Dice
allora bene Don Henley che questo non è più il ‘68, che non c'è più Mc Govern
da votare, che loro vogliono solamente sollevare la gente non farne dei militanti.
Premesse queste considerazioni, non si può negare che One Of These Nigths
sia un buon album per certi versi anche superiore al precedente, ma che
tuttavia alla fine si rivela poco emozionante. Lyin Eyes, che ci racconta
di una ragazza che sposa un ricco per avere sicurezza, ma che alla fine
imbroglia, oltre al marito, anche l'amante e se stessa, è un ottimo brano
cantato da Glenn, così come After The Thrill Is Gone.
Ma
le cose migliori sembrano provenire da Meisner e Leadon. Il primo interpreta Too
Many Hands, una canzone ecologica scritta con Don Felder e Take It To
The Limit, che è la sua migliore prestazione vocale in senso assoluto.
Leadon è responsabile di due ottimi brani alla fine di ciascuna facciata
dell'album: l'eccellente strumentale Journey Of The Sorcerer, un'avventura
tra gli astri guidata dal banjo e accompagnata da archi e dai violini di David
Bromberg, brano fin troppo insolito per gli Eagles, e I Wish You Peace,
un dolce lento che si muove come avvolto in un'atmosfera da night-club. A
quest'ultimo non piace però come si sono messe le cose cosicché, dopo la lunga
tournée dalla California alla Florida, il giro del Giappone, la visita in
Inghilterra ed in Australia, decide di lasciare il complesso. Lo fa nel
dicembre '75, dopo un lungo ripensamento. Bernie si accorge che non gli
piacciono i valori del mondo delle popstars. Non gli va di farsi accompagnare
ai concerti dall'autista in lucenti limousine. “Mi pare di schernire il
pubblico in questo modo (infatti al concerto londinese di Wembley era stato
visto arrivare al volante di un'auto senza il resto del gruppo). E' orribile il
mondo del pop, non c'è finezza. E' orientato solo verso il sesso. E' un modo
per fuggire. Avrei voluto pensare che il nostro gruppo sarebbe andato oltre queste
cose”. Il suo spazio musicale si è eroso sempre più, le sue chance di cantare
le sue canzoni dal vivo sono diminuite, le possibilità di far risaltare il suo
talento alla chitarra altrettanto... Ufficialmente Bernie Leadon abbandona gli
Eagles perché stanco dei continui tours cui è sottoposto... Lo sostituisce Joe
Walsh, che aveva sempre interessato Glenn Frey.
Dopo
lo strepitoso successo ottenuto dal Greatest hits 71-75, gli Eagles
presentano alla fine del '76 il loro quinto LP: Hotel California.
Questo albergo, in realtà, è il Beverly Hills che, secondo l'opinione di Don
Henley, è il vero hotel in California: “è elegantissimo e decadentissimo nello
stesso tempo. E' un luogo romantico nel quale si può vedere ogni tipo di
persona: turisti, affascinanti stelle del cinema, imbroglioni ma anche un
sacco di gente vera. Vi si tengono molti parties, come mostra l'interno della
copertina, sulla quale si osservano nere figure di palmizi e il cielo di un
colore ruggine e fumo. Gli abbiamo inserito la scritta al neon Hotel
California perché non avremmo potuto usare il suo vero nome”. Per questo LP
vale il discorso fatto per il precedente: gli Eagles hanno imparato a
confezionare con capacità ed estrema cura prodotti di largo consumo. E
riescono a fare ciò conservando anche dignità, stile, eleganza. Sono lontani i
tempi in cui furoreggiavano i Monkees con i loro facili dischi su misura, oggi
è necessario sapere di alchimia, di elettronica, di sociologia per mantenersi
sulla cresta dell'onda. E in quest'arte gli Eagles sono maestri. Questo nuovo
album non è musicalmente né un passo avanti, né un passo indietro, ma una
conferma della linea espressiva del gruppo.
Certo
l'ingresso di Joe Walsh non ha lasciato tutto esattamente come prima (di lui
appare un solo brano Pretty Maids All In A Row, nel quale è lead
vocalist), ma il cambiamento notato è inferiore a quanto si sarebbe potuto attendere.
Il sound degli Eagles è rimasto comunque integro, è un po’ meno country e un
po’ più appesantito per via dell’assenza di banjo, mandolino e steel guitar.
(Si era letto tempo fa che Don Felder stava imparando a suonare il banjo, ma
finora non lo si è ancora udito alla prova). Hotel California è la canzone
dedicata al bicentenario degli U.S.A., come osserva Don Henley: “Dal momento
che siamo Le Aquile e l'aquila è il nostro simbolo nazionale ci siamo sentiti
obbligati a fare qualcosa usando la California a mo’ di microcosmo di tutti gli
Stati Uniti per tentare di svegliare la gente dicendo “E' andata bene per 200
anni, O.K., ma è ora di cambiare se vogliamo continuare a sopravvivere”. È un
buon pezzo che si muove appoggiandosi ad un ricco e brillante gioco di
chitarre. La canzone più bella è The Last Resort, cantata da Don Henley,
una lunga e lenta ballata nella quale si avanza il timore che l'uomo finirà per
distruggere perfino il cielo dopo aver distrutto la terra. Wasted Time,
brano di atmosfera, non è male. New Kid In Town, il fortunato singolo
per l'occasione, è eseguito secondo i classici schemi del gruppo. Randy
Meisner dà l'impressione di soffrire un po’ di isolamento, c'è solo una
canzone sua (ed è stata la prima ad essere incisa...) Try And Love Again,
che è veramente stupenda. Victim Of Love è il rock and roll dell'album.
Life In A Fast Lane il R&B... Il 33 giri ha già ottenuto parecchi
dischi d'oro e continua a vendere. La buona stella degli Eagles brilla sempre
di più.
Cosa
ci riserva il gruppo per il futuro è forse più difficile da immaginare ora che
qualche tempo fa, perché la posizione di Joe Walsh, che continua a fare il
solista, (dovrebbe uscire a giorni un suo nuovo “solo”) potrebbe diventare
difficile, altri potrebbero tentare di imitarlo, qualche frizione potrebbe
emergere... È ormai ufficiale che Meisner ha dato un calcio a tutto quanto (ai
soldi, alla fama, alla popolarità) lasciando la band. Il suo posto è stato
preso da Timothy B. Schmit dei Poco. Una storia che si ripete giacché anche
Meisner era un ex-Poco. Può darsi che questi movimenti possano fare bene ad
entrambi i gruppi (ed anche a Meisner) aiutandoli a recuperare lo spirito e la
creatività degli inizi... Molte più speranze è giusto porre in Bernie Leadon,
il puro del gruppo, colui che se ne è andato coraggiosamente nel momento meno
favorevole, per non restare soffocato dal successo. Si è letto da qualche parte
della sua intenzione di legarsi ancora a Doug Dillard, di incidere finalmente
il suo album. Aspettiamo sue notizie musicali con ansia, ma anche con
pazienza, sperando che nel suo prossimo sforzo siano presenti quegli amici coi
quali ha spesso collaborato, da Emmylou Harris a Byron Berline, da Chris
Hillman a Gene Clark...
Forse
ho riposto eccessive speranze in Bernie Leadon, almeno questo devo ammettere
dopo aver ascoltato attentamente la sua prima fatica fuori del gruppo.
L'ex-aquila si è fatta viva in agosto, non come solista ma al vertice di una
nuova band della quale divide la leadership con Michael Georgiades, cantante e
chitarrista pressoché sconosciuto, un tempo al seguito di Johnny Rivers; ex
sessions men sono gli altri membri Brian Garofalo, bassista, David Kemper,
batterista (eccellente) e Steven Goldstein pianista ed organista. Il loro album
non ci dice niente di nuovo. Natural Progression è un buon disco, più
country che rock, che non si discosta da altri del suo genere e non mette in
evidenza che pochi sprazzi significativi, frutto di navigata esperienza (leggi
Leadon) piuttosto che di idee innovatrici. È un peccato aver atteso tanto e
ritrovarsi tra le mani un LP che rischia di far apparire troppo severe le
critiche agli ultimi Eagles. Michael Georgiades, la spalla di Leadon, che
firma più della metà dei brani, probabilmente il meglio dei suoi scritti
finora, non rivela doti di autore o cantante tali da farci gridare al nuovo
talento. Le sue melodie sono contenute, piacevoli, pulite, gentili, ma non
entusiasmano. Sopra le altre stanno Callin' For Your Love, pezzo
d'apertura e Breath. Più consistente appare invece il contributo di
Bernie, limitato a sole quattro canzoni però, che racconta una verità quando
canta in As Time Goes On che spesso, pur avendo la chiave della
felicità, non si riesce a trovarne la porta, e che presenta Glass Of il
pezzo più impegnativo e bello dell'album, avvolto in un'atmosfera ricca ed affascinante,
anche se un po' sofisticata. Ma gli altri suoi due brani sono poco più che
ordinari e certo non valeva la pena di sostituirsi a Michael per cantare Rotation,
motivo fin troppo ovvio. Accade talvolta che un artista sia sopravvalutato
senza meritarlo. Non credo sia il caso di Bernie Leadon, almeno per ora, perciò
è giusto non accontentarsi con troppa indulgenza di questa lavoro, non in grado
di suscitare in noi sensazioni particolari. Speriamo che per Bernie si tratti
di una parentesi di studio, di riflessione, di ripensamento, vissuta con
candida semplicità e senza pretese. Corre voce che Chris Hillman desideri
incidere con lui, Byron Berline e David Lindley un album di bluegrass.
Rarissime sono le possibilità che un simile progetto venga realizzato;
tuttavia potrebbe essere l'occasione del riscatto.