che sono già in studio per un nuovo lavoro probabilmente pronto per
l'aprile prossimo, e mi ha anche fatto notare di un errore
Nuovo disco per Mark
O'Connor. lo penso che uno dei compiti principali della nostra Associazione
dovrebbe essere quello di organizzare annualmente pellegrinaggi di adorazione e
venerazione di questa divinità vivente. Io so che poi lui, mettendoci tutti in fila
e toccandoci sulla testa con la punta del suo archetto, ci farà diventare tutti
più bravi, e anche in grado di portare a termine un brano bluegrass come si
deve.
Il talento di quest'uomo
è qualcosa di assurdo, tutti lo conosciamo quindi non è il caso di perdere
altro tempo in superflui ma quantomai meritati apprezzamenti.
Ne sa forse qualcosa di
più il nostro amico fiddler Anchise Bolchi che, avendo conosciuto Mark di persona
allo Station Inn di Nashville, ha ricevuto il tocco magico del suo archetto,
che lo ha così indirizzato verso la buona strada, con ottimi risultati direi,
lo, in attesa di ricevere in testa, anche abbastanza violentemente, la Steven
Bar di Jerry Douglas in modo da migliorare la mia condizione di dobroista, mi
limito solo ad ascoltare e venerare i loro CD.
Questa volta Mark con Heroes
ha messo insieme tutti i migliori violinisti mondiali che hanno avuto una
qualche influenza su di lui quando era ancora un giovane beginner, realizzando
un album tributo a loro dedicato. Chi meglio di lui, così eccentrico e
influenzato da così diversi stili avrebbe potuto produrre un progetto del
genere! Ho detto violinisti mondiali perché si parte dall'Europa e si finisce
con l'India, quindi potete solo cercare di immaginare cosa vi aspetta in questi
14 brani (quasi 67 minuti di musica).
Il primo giro di giostra
lo facciamo con Jean Luc Ponty, violinista francese jazz-rock-fusion. Se siete
almeno sulla trentina dovreste riconoscere New Country, perché i suoi
10 anni, almeno, li ha tutti, ed è il primo dei tanti duetti mozzafiato che vi
attendono.
Il secondo brano The
Devil Comes Down To Georgia, duello violinistico tra un certo John e il
Diavolo il quale cerca di vincergli l'anima, è del violinista Charlie Daniels,
qui in versione cantata assai più lunga dell'originale (che troviamo anche
nella colonna sonora del film Urban Cowboy), con alle voci nientemenoche Johnny
Cash, Marty Stuart e Travis Tritt; elettrizzante.
Si passa poi ad un
meraviglioso Texas-swing con Fiddlin' Around, questa volta l'ospite è
Johnny Gimble, ed è una vera delizia sentire Mark 'doing his things'.
Ci si addentra nel mondo
bluegrass (e sarà l'unica occasione) con Gold Rush, col bravissimo Byron
Berline accompagnato dai suoi fidi California, John Hickman (bj), Dan Crary (gt)
e la partecipazione di nostro padre Bill Monroe che ci regala il suo
bell'assolino.
Giunge poi un House Of
The Rising Sun forse un po' troppo mielosa, ma che è nell'inconfodibile
stile di Vassar Clements, stile che qualcuno definisce da mal di pancia, ma se
anche così fosse, ci pensa il genio Flux Douglas a rimmeterle in sesto con un
sentito intervento di dobro, seguito dall'altrettanto buon mandolino di Sam
Bush.
Eviterei di descrivervi
brano per brano per non trasformare questa recensione in un vero e proprio
articolo, anche se la tentazione è forte, ma da dire ce ne sarebbe ancora.
Come non parlare dei due
stupendi brani che Mark esegue con Stephane Grappelli, in cui i due si danno un
botta e risposta da non capire neanche chi sta suonando, se non che una nota di
copertina ci avverte che Mark può essere sentito sul canale destro, mentre gli
ospiti sul sinistro. E l'ultima perla Nomad con l'indiano L. Shankar, 8
minuti di virtuosismo puro, in cui i due si alternano in piccole frasi sino ad
esplodere sempre più, fino a quando infine la melodia ritorna e non rimane
altro da capire che di più non si poteva dare. Ma mi auguro che sarete voi a
scoprire a poco a poco tutto ciò che non si può scrivere dell'album.
Onestamente è difficile
descrivere il contenuto di questo capolavoro, gli stili sono tanti, tra gli
altri anche cajun music con Doug Kershaw in Jole Blon, ce n'è insomma
per tutti i gusti, e quello che veramente impressiona di Mark è la sua abilità
nel cimentarsi con tutti qesti diversi generi, mantenendo la sua unicità
stilistica, cioè scioltezza e grinta inesauribili.
Tra gli altri ospiti vale
la pena di citare Josh Graves, David Grier e Russ Baremberg. Per concludere,
una frase di Johnny Gimble che può riassumere il pensiero di tutti gli altri:
"I'll tell you folks, it sure is an honour to play twin fiddles with Mark
O'Connor".
E' il paradiso dei
violinisti, ma non solo, anzi, ancora una volta, un album per chi ama veramente
la musica, senza confini. Imperdibile.