COWBOY NATION: "A journey out of time" (Shanachie6048)
Orville nasce in Florida
a cavallo della fine degli anni settanta, nel momento magico del southern rock,
era il bassista degli Hydra, poi, dopo un numero imprecisato di collaborazioni,
firma per la Fontainbleu e pubblica questo Howl At The Moon.
Accompagnato dalla Dakota Band, nella quale spiccano le chitarre di Tommy Davis
e le tastiere di Bob Canero, Orville raccoglie 13 pezzi, di cui 12 composti da
lui tra il 1993 ed il 1996, confezionando un lavoro estremamente personale,
anche se rispettosamente legato al culto di Hank Williams e di una tradizione
che non ammette fuorvianti innovazioni.
Del resto non è possibile
che un decennio passato nell'entourage di personaggi come Allman, Betts,
Caldwell e Van Zandt venga dimenticato o non aggiunga qualche cosa alla cultura
di un musicista.
Lo stile di Davis si
presenta dunque ricco di sfumature sudiste, che sapientemente, non fa incidere
più di tanto sul tessuto delle sue canzoni, che mantengono un'atmosfera
moderata anche nei momenti in cui il feeling si accalora ed il ritmo di brani
come Trouble With Law o Little Dangerous, titoli che sarebbero
piaciuti al Van Zandt di Gimme Back My Bullets, si fa incalzante, ma che
Orville si affretta ad ammorbidire con splendidi cori femminili, quasi più in
sintonia con del buon r&b che con il southern rock.
Il culto per gli Everly
Brothers, altra sua grande passione, gli ha permesso poi di sviluppare una
propensione alla melodia che garantisce ai suoi brani quella originalità che lo
tiene lontano dal rischio di risultare scontato.
Questo per far intendere
che ci troviamo di fronte ad un ottimo musicista, ricco di esperienza e di
mestiere che ricorda, ma che non ha nulla da invidiare al primo Travis Tritt (a
proposito quando torna).
Una buona storia, un buon
esordio che sarebbe un peccato lasciarsi scappare.