Con la sua attività
discografica da indipendente, James Talley sembra voler regolare i conti con il
passato. Dopo l'eccezionale Woody Guthrie And Songs Of My Oklahoma Home,
dove ha sistemato i conti in sospeso con il padrino di tutti i folk-singer
impegnati dei sixties e primi anni '70 oltre che con le sue origini, è la volta
di Nashville. Lo scontro è diretto, non ci sono allegorie o mezze misure,
Nashville non ne esce bene. Alla sua età può dire pubblicamente la verità,
cantarla su un disco, raccontare l'epopea di Nashville city blues senza paura
di censura. I suoi dischi alle radio non li trasmetterebbero comunque.
L'album ha il passo delle
sue eccellenti produzioni su Capitol, dalla qualità delle canzoni alla
produzione, dai musicisti coinvolti all'impeccabile registrazione. Talley canta
il country con il feeling di Hank Williams e Jimmy Rodgers, il folk-blues con
la vena di un Guthrie elettrificato, ha il talento per la roots-music di un più
stagionato Steve Earle. Purtroppo canta e descrive l'America così com'è, non è
facile accettarlo, ma non è più tempo di compromessi. Leggete le note di
copertina, raramente un artista ha aperto il suo cuore e la sua mente
all'ascoltatore per aiutarlo a capire la sua musica e la sua poesia. Così vi
capaciterete del perché di tanta frustrazione, delusione e la testardaggine di
andare avanti, convinti delle proprie capacità.
I 13 brani di questo CD
vi daranno tutte le risposte musicali in chiave folk, country, blues, legati
insieme da uno scintillante e fresco roots-sound, sulle possibilità espressive,
la sensibilità e il gusto di questo cantautore. La Nashville che conta non ha
naturalmente gradito il suo 'city blues' e gli ha chiuso le porte in faccia;
Talley sapeva già in partenza che la porta per lui era già sbarrata, per
chiudere al di fuori verità scomode.