Comincia con un inno
della cristianità, TheLord Is MySheperd, e tanto per non
lasciar dubbi (se per caso la copertina fosse, non si sa come, passata
inosservata) lo doppia con una accorata rilettura dell'inno americano, TheStar Spangled Banner. Benvenuti nella terra degli eroi e della libertà,
nell'America, tra tradizione e cartolina turistica, di Dolly Parton, una delle
poche icone rimaste nel sempre più smaliziato mainstream country d'oltreoceano.
Un disco tutto a stelle e strisce, dedicato a coloro, sono parole di Dolly, il
cui sacrificio ha preservato la libertà di tutti gli americani. Storie di
soldati, caduti in guerra o a causa della guerra, incapaci di reinserirsi nella
vita di ogni giorno, storie riprese dalla tradizione (When Johnny Comes
Marching Home, Gee MaI Wanna Go Home) o scritte dalla Parton
apposta per questo progetto (Welcome Home e l'm Gonna Miss You).
Musicalmente in bilico tra
manierismi pop e felici esercizi di stile, dal bluegrass (Red, White And
Bluegrass, My Country 'Tis o la reinvenzione di Tie A Yellow Ribbon, già
portata al successo negli anni '70 da Frank Sinatra) al gospel (splendide Peace
In The Valley, con The Fairfield Four, e Go ToHell, dedicata
ad un Satana che sembra avere il profilo di Bin Laden), For God And Country riflette
tutte le contraddizioni del mainstream americano, pescando a piene mani nei
luoghi comuni di una coscienza che si vuole, difficile dire con quanta
intenzionalità, popolare.
'Apple pie' e nastri
gialli si accompagnano a cori di bambini che inneggiano alla guerra, nella
francamente insopportabile, e non solo tematicamente, Brave Little Soldier, onella ancor più fastidiosa Ballad Of The Green Beret, scritta non a
caso nel 1966 in pieno caos Vietnam.