Potrei semplicemente
scrivere “Sesto capitolo della serie di album strumentali Bluegrass … di
Pinecastle”, e con questo chiudere. Ma, in effetti, c’è qualche cosa da
segnalare, rispetto ai precedenti capitoli della saga curata da Scott Vestal.
Limitiamoci a confrontare questo del 2000 con il precedente, targato ’99.
Il
personale vede diversi cambiamenti: accanto ai confermati Scott Vestal, banjo,
Jeff Autry, chitarra, e Wayne Benson, mandolino, troviamo Randy Kohrs al dobro,
che riempie in modo egregio le scarpe lasciate vuote da Rob Ikes, il poliedrico
Mark Schatz al basso (assolutamente perfetto in un album come questo), e Ron
Stewart al fiddle, che, nel tempo trascorso tra la registrazione del CD ad oggi
si è guadagnato un IBMA Award proprio come fiddler.
La
formula del 2000 vede una certa prevalenza di suoni progressivi rispetto a
quelli tradizionali: o, più spesso, di interpretazioni contemporanee di temi
tradizionali, che sono numerosi anche quando sono originali. Gli standard,
quest’anno, sono pochi: Foggy Mountain Rock (non ricordavo quanto fosse
divertente da suonare improvvisando), John Henry e Farewell Blues.
Più
numerosi sono i pezzi originali dal suono tradizionale: come il pezzo di
apertura, composto da Scott Vestal, intitolato As The Crowe Flies
(notare il gioco di parole tra il cognome di J.D., e Crow, corvo): che viene
eseguita esattamente come il titolo lascia intendere. Ci sono pezzi decisamente
progressive, tipo Swing 51, di un certo A. Rice (Tony Rice), che
l’autore avrebbe definito space (lo swing c’è, ma è decisamente del tipo jazz,
non western).
Come
sempre, la sequenza dei pezzi è accuratamente studiata, il che, insieme al
fatto che tutti i musicisti non sono mai eccessivi, e perseguono sempre
musicalità e buon gusto a scapito del virtuosismo (che si potrebbero
permettere, senza ritegno), soffoca sul nascere ogni possibile barlume di noia
o di semplice stanchezza.
Naturalmente,
e come sempre, il suono è impeccabile: non c’è modo di trovare difetti. Le note
di copertina, invece, sono ancora più stringate di quelle del ’99: solo i
titoli ed i nomi dei musicisti.
Un disco
perfetto, come sempre: l’unica categoria di ascoltatori che potrebbe restare
delusa è quella che ha assolutamente bisogno di sentire una voce che canta.
Chi
conosce la serie non ha bisogno di grandi raccomandazioni da parte mia: per gli
altri, be’, non è mai troppo tardi.