Lascio a voi la
‘recensione al buio’ di questo CD, enunciandovi alcuni dati, inoppugnabili in
quanto fatti e non opinioni di questa mia mente disastrata. Il prodotto da
recensire inizia con un pezzo di western swing (San Antonio Rose) che
non swinga per niente, anche se la canta Buck White con Skaggs, continua con un
originale le cui prime misure di ogni giro sono quasi esattamente le stesse del
pezzo precedente, poi abbiamo Mac Wiseman che canta ‘in quello stile vivace che
ricordiamo con amore da giorni passati’ (vulgo: rovina del tutto) una Crazy
Blues per il resto anonima, quindi due strumentali (sempre originali di
Adcock) del tutto immemorabili, seguiti da una Banjo Signal in cui Eddie
rende omaggio al vecchio amico e co-stilista Don Reno, e all’uso non male.
Pausa.
Wild Swanee Home a me ricorda Swanee River,
e ci fa comunque conoscere Adcock in uno dei suoi trucchi migliori, con le
corde tirate stile Keith tuners ma senza tuners, la title track non la ricordo
ancora dopo quattro ascolti, e Pallet On Your Floor la faceva con i
Gents e avrebbe potuto lasciarla a quel periodo, ma comunque va benino anche se
non fa impazzire. Mrs. Robinson è l’ennesima dimostrazione di tecnica
banjoistica, ma artisticamente è l’equivalente di un triplo salto mortale nel
bel mezzo di un banchetto a Buckingham Palace: inutile e senza buon gusto.
Seguono un paio di originali e una qualsiasi Dream Concerto, superflui
come i precedenti, e tutto finisce con una struggente Lost At Sea con
l’autore, Alan O’Bryant, a cantarla da dio ma senza potere alzare il tono del
CD.
Per prodursi in questo
sforzo su quattordici pezzi il nostro ha utilizzato gente come Missy Raines,
Bobby Hicks, i già citati Skaggs, White e O’Bryant, Dale e Don Wayne Reno, Glen
Duncan, i fratelli McReynolds, la moglie Martha Adcock che comunque ce l’aveva
già in casa (e vuoi mica lasciarcela?), e un bel metronomo bloccato su una sola
velocità, media e mediocre. Tanta tecnica da parte di tutti, ma con una
produzione così all’insegna dell’anonimato da impedire a chiunque di brillare.
Ah, Eddie suona banjo (con il suo solito timbro che... vabbè, devo essere
obiettivo!), chitarra e mandolino, e canta armonie, e ha prodotto il tutto.
Mentre voi rileggete
questi dati di fatto (e non...) per recensire al buio Renaissance Man,
io provo a tirare due somme: dico io, un banjoista come Eddie Adcock, con
l’aiuto di musicisti come i succitati, proprio non ci riusciva a pensare un
prodotto, anzi un project, più sensato, con velocità variate, arrangiamenti ed
atmosfere adeguati ai pezzi (per esempio, swing per un pezzo swing), o che so
due cantati di più e due strumentali di meno, magari l’unico pezzo in 3/4 non
proprio alla fine, insomma dettagli di quelli che se dei dilettanti italiani o
tedeschi non li curassero verrebbero stroncati da Bluegrass Unlimited e qui,
invece, magari si trova il recensore che spara lodi e il CD diventa highlight.
Sarò sicuramente esagerato, ma dato il grosso nome tutto quello che mi sento di
dire del CD, e lo faccio serenamente, è che “sicuramente sarà una gradita
aggiunta alle collezioni dei fans di Adcock”. Voi cosa dite?