"Provate a chiedere a me e Linda chi è la nostra cantante preferita;
senza dubbio vi risponderemo: Dolly Parton. Ed è proprio lei il punto di
riferimento musicale di tutto questo lavoro, io e Linda abbiamo
deciso di dare il via a Trio grazie al nostro amore per la musica di
Dolly".
Emmylou Harris, con queste parole, sottolinea
e valorizza il ruolo della simpatica, e spesso musicalmente sottovalutata,
prosperosa biondona di Nashville nell'ideazione di questo album, che a tutti
gli effetti, possiamo definire storico.
Storico perché tre regine della country music, ma più in generale
della musica moderna, si uniscono, come spesso accade negli U.S.A., per dar vita ad un progetto comune senza paura di
confrontarsi e di uscirne, in un modo o nell'altro, perdenti. Storico perché
tre personaggi carismatici, protagonisti da un ventennio, di alcune delle più
belle produzioni del pianeta musicale a stelle e
strisce, già ampiamente gratificate sia dal punto di vista artistico che da
quello economico, si ritrovano unite dall'amore per una musica semplice ma
ispirata, senza innovazioni, forse, ma pur sempre tremendamente attuale.
Ma storico non solo per
questo. Trio è infatti uno dei lavori più
delicati, più intensi e più ‘veri’ usciti dalla grande industria nashvilliana
negli ultimi dieci anni. Trio è un album credibile, non la solita trovata pubblicitaria messa insieme all'ultimo
momento, non il solito collage di personaggi noti creato ‘ad hoc’ per smuovere
il mercato: insomma non certo, tanto per fare il puntuale esempio italico di
‘basso livello’, il Morandi-Tozzi-Ruggeri della situazione.
Sentite Emmylou: "Conosco Linda dal 1973, da
quando cioè lei apriva i concerti di Neil Young ed io ero in tour con
Gram Parsons. Dopo la morte di Gram, Linda è stata l'unica persona che ha
saputo capire il mio dolore e che mi ha dato la sua amicizia in modo
incondizionato. Abbiamo cantato insieme a Dolly durante la registrazione (1980)
del mio album Light On The Stable ed è
da allora che rimuginiamo sulla possibilità di fare un disco insieme".
Ed ancora sulla scelta artistica: "Avevamo due progetti
paralleli: un album di rock 'n' roll o una produzione
acustica. Abbiamo scelto questa seconda ipotesi perché la sentivamo più vicina
ai nostri gusti musicali e per poter valorizzare il fatto che
amiamo veramente cantare insieme".
Come si diceva all'inizio, musicalmente è la
Parton ad influenzare un po' il lavoro, con la sua scelta semplice ed immediata
di una country music molto vicina alla tradizione ma anche dolce ed intensa in
giusta dose. E infatti i brani migliori dell'album
sono proprio The Pain Of Lovin' You e Wildflowers, scritti dalla
spiritosa Dolly appositamente per questo progetto.
I fortissimi caratteri delle nostre regine emergono comunque
in modo prepotente ed inequivocabile in ogni traccia. Linda Ronstadt è cantante
inimitabile ed inimitata (sentitela anche nel recente e magnifico Graceland
duettare con Paul Simon senza far rimpiangere Garfunkel) ma non sempre
supportata da produzioni artistiche allo stesso livello. Dolly Parton (che
molti ricorderanno brillante protagonista del film Dalle 9 Alle 5: Orario
Continuato) è il ‘personaggio’ per antonomasia. La sua
struttura fisica ‘esagerata’, la sua naturale ed esuberante simpatia ne fanno da anni una delle più luminose star dell'universo
country e non è un caso che il mondo dorato di Hollywood le stia facendo sempre
più insistentemente la corte. Emmylou Harris è quella delle tre che ha sempre fornito una produzione musicale di qualità,
interesse ed attualità grazie anche alla intelligente collaborazione con
musicisti ed arrangiatori di primissima scelta: da Gram Parson a Ricky Skaggs,
da Hank De Vito ad Albert Lee.
Le tre superbe voci (tutte originali e validissime singolarmente)
rappresentano, dal punto di vista musicale, la valenza assoluta di questo
lavoro. Esse creano infatti una magia armonica che per
trovare paragoni è costretta a ricercare tra il meglio degli ultimi trent'anni
di musica moderna scomodando mostri sacri come Crosby, Stills & Nash,
Everly Brothers, Simon & Garfunkel.
Non ci credete? Provate a sentire, per esempio, My Dear Companion
di Jean Ritchie, dove alla voce solista di Emmylou,
strofa dopo strofa, si uniscono quelle delle altre due graziose compagne;
oppure Rosewood Casket, brano tradizionale, sempre con la inconfondibile
Emmylou a guidare il trio.
La sapienza di John Starling ha calibrato con gusto e raffinatezza gli
strumenti di Mark O'Connor (violino), Albert Lee (chitarra e mandolino), dei
sempre grande David Lindley (mandolino, dulcimer, autoharp) e di Herb Pedersen
(banjo) creando il ‘suono’ dell'album e valorizzando
la purezza dello strumento acustico. Su tutti, (in un solo
brano ma con quanta poesia!) la geniale chitarra slide di Ry Cooder.
Spiritosa e forse un po' kitch (ma siamo pur sempre a Nashville!) la
grafica della copertina e la busta interna dei disco
dove vi sono le caricature delle tre ragazze in ‘deshabillé’ con tutti gli
abiti da ritagliare e da incollare addosso (un po' come nei libri per bambini)
ma che contiene anche, un po' più seriosamente, i testi delle canzoni.
Prevedo già fin d'ora il titolo di ‘disco del 1987’ per questo
gioiellino dalla grande e splendente luminosità che come tutte le pietre
preziose importanti, è destinato (ahinoi) a restare un magnifico ‘solitario’.