Assolutamente delizioso
questo Long Journey, primo album solista per Leah Larson, fiddler e
cantante proveniente dallo Stato di Washington.
Dopo alcune esperienze con band locali (Frontline e
Out Of The Blue, con le quali ha inciso un album ciascuno) Leah Larson ci
regala un lavoro denso di bluegrass e old time proposto con una grazia e una
dolcezza non comuni. A guidarla attraverso questo ‘lungo viaggio’ fatto di
brani originali e traditionals ci sono grandi nomi della scena acustica
californiana e non solo, da Laurie Lewis (co-produttrice e protagonista al
basso, al banjo, al fiddle e alle armonie vocali), Ron Stewart al banjo, Dale
Adkins e Mike Marshall alle chitarre acustiche, Todd Phillips al basso e Jeff
Smith al mandolino solo per citare alcuni nomi.
Decisamente
intrigante è il repertorio, a partire dalla title-track (una magnifica melodia
che negli anni settanta fu inserita nel seminale album intitolato Woodstock
Mountains/More Music From Mud Acres) e dai ‘public domain’ Pretty Saro e
Sun’s Gonna Shine In My Backdoor Someday. Accanto a questi brani la
scelta, intelligente e mai banale, cade sulla riproposta di Crippled
Bird di Dolly Parton (generalmente presentata nei concerti in versione a
cappella e qui con il solo Mike Marshall alla chitarra acustica), l’eccellente Fare
Thee Well Northumberland di Mark Knopfler, The Soldier di Jean
Ritchie, This Lonely Heart Of Mine di Vince Gill, la commovente Dangerous
Boys di Mark Simos e A Little Ways Down The Road dal repertorio di
Larry Sparks. L’approccio è qui sempre delicato e privo di eccessi,
misurato e mai ridondante, giocato sulle piccole e genuine emozioni che rendono
godibilissimo Long Journey, promettente primo passo solista di Leah
Larson.