Salutato frettolosamente come il terzo disco acustico del Boss, lo è
solo in parte, infatti vive di un’alternanza, invero
non particolarmente riuscita di brani folk, figli (o outtakes) di The Ghost
Of Tom Joad e canzoni figlie di una produzione non particolarmente
brillante di Brendan O’Brien. Intendiamoci: questo non è un disco da buttare,
anzi ha brani pregevoli, ma nell’ascolto si ha sempre la sensazione del disco
di transizione, del disco senza brani strepitosi, per
capirci.
Apre le ostilità la title track e primo
singolo dell’album. Una canzone di stampo folk e un testo
teso come una lama, ma con le tastiere tronfie (più che in The Ghost Of Tom
Joad) e una batteria indecorosa. All The Way
Home è già sentita, nel senso vero e proprio del termine perché la incise
Southside Johnny su Better Days del 1991. Là era un brano alla Tunnel Of Love, qui è più tirata e sembra
una delle cose migliori di Human Touch: Non memorabile.
Il primo brano di Bruce censurato è il seguente Reno. Le tematiche riguardanti prostitute e rapporti anali nel 2005
dovrebbero far ridere i polli, ma in America ilè uscito con lo sticker “Parental advisory - Explicit lyrics”. In
compenso il brano è bello, forse deja vù, ma triste e poetico. Tom Joad
rules again!
Long Time Comin’è
un gran bel tiro che ricorda le cose migliori di Lucky Town. Bruce fa se
stesso: rock tirtato, con venature country è un
ritornello micidiale. La successiva Black Cowboys
soffre un po’ metricamente e arriva ancora da Tom Joad.
Maria’s Bed è un altro brano corale come
Long Time Comin’ed
è il Bruce che fondamentalmente preferisco. Si sente però la mancanza delle E Street Band, che dovrebbe essere la sua esecutrice naturale.
Curiosa e direi inutile la tonalità acuta di Springsteen nel cantato. Silver
Palomino è dedicata a Fiona Chappell ed è ancora dell’infornata Tom Joad.
Noiosetta, ma con un bel testo.
Jesus Wa A Only Son è la
storia di Nostro Signore in Bignami; meglio la musica del testo decisamente
approssimativo (Gesù era veramente figlio unico?). Leah pare sia dedicata ad una vedova dell’11 settembre di cui Bruce
avrebbe perso la testa. Considerando che nella canzone ci canta sua moglie
Patty Scialfa, mi sembra azzardato. Ha un arrangiamento preconfezionato (grazie a Brendan?), e una bella tromba che si perde un po’
nel marasma.
The Hitter è sempre e inesorabilmente Tom Joad;
è lunga e pallosetta, ma con un gran bel testo. Ancora falsetto (ma chi avrà
detto al Boss che può cantare come vuole anche se non
arriva alle note come in questo caso?) per All I’m Thinking About e liriche
in verità banalotte. Coraggiosa e azzeccata invece la scelta di non fare
entrare mai la batteria che uno si aspetterebbe nella struttura del brano.
Chiude quello che considero il brano migliore
del disco: Matamoros Banks. C’è ancora Steinbeck nelle tematiche, ma il brano splende di luce propria e ha un testo
toccante. La voce di Bruce è come dovrebbe sempre essere e il fantasma di Tom
Joad per una volta non terrorizza.
In definitiva un disco minore della scarna
discografia springsteeniana in cui i troppi rimandi al passato e la produzione
latitante insinuano il sospetto di una crisi creativa sicuramente passeggera.