Scrivere
di Willie Nelson può sembrare un tentativo di
condizionare chi ci legge ad ascoltare il cantante; nulla di più falso ed
inverosimile, anche se lui meriterebbe di raccogliere qualche consenso in più,
presso il nostro pubblico, ma solo il gesto onesto d'informare, chi lo segue,
della pubblicazione di codesto suo nuovo lavoro, che si discosta abbastanza
dalla recente produzione discografica dell'artista. Stardust
ci offre nuovi spunti di commento al Nelson interprete
di canzoni altrui: se è vero che Willie tenta di
ripetere i passi di The Troublemakers, dove
era riuscito a rivisitare felicemente alcuni brani tradizionali, qui c'è
altrettanto impegno e convinzione, nel vivere appassionatamente una serie ben
scelta di evergreens (ovvero, brani che sono entrati
nella storia della musica americana). Se l'operazione è riuscita con successo
(e penso che farsi peso dell'eredità di versioni, riuscite o meno, che queste
canzoni hanno avuto, sia stato tutt'altro che facile per il cantante, che deve avere assorbito parte
di queste difficoltà con la propria esperienza...) lo dobbiamo innanzitutto
alla splendida voce di Willie, sapientemente modulata
e forgiata a misura delle canzoni che interpreta, che domina su tutto e su
tutti con la sua presenza impressionante (impossibile non rimanerne conquistati...)
e pure al bei arrangiamenti del redivivo BookerT.Jones.
A
questo è giusto aggiungere l'essenziale contributo strumentale della band di
Nelson: la parte del leone è affidata, oltre che ai misurati interventi del
cantante, all'acousticguitar
ed al sottofondo d'organo di Jones, al gusto
ricamatore dell'armonicistaMickeyRaphael, a Bobbie Nelson,
sorella e fedele amica di Willie, che suona il piano
in modo squisito ed abile, ed al drumming dei due batteristi LudwigeEnglish,
contenuto ed eccellente. Più in ombra, invece, il basso
esperto di BeeSpears e
quello collaudato di ChrisEthridge,
mentre JodyPayne
accompagna alla chitarra elettrica l'amico Willie con
innegabile bravura. Questa indovinata cornice musicale dà i suoi
risultati migliori in Stardust, brano dal glorioso
passato che trova in Nelson uno dei suoi più sinceri esecutori. Gli segue una
sofferente e vellutata versione di Georgia On MyMind, con assolidi armonica a bocca molto belli. La canzone riacquista,
tramite il cantante, il fascino blues-gospel
originale ed ha un andamento affascinante. Deliziose Blue Skies e All Of Me,
leggermente più ritmiche ed evanescenti. UnchainedMelody è decisamente,
col suo clima raccolto, uno dei pezzi più caldi dell'album: l’inizio lento e
mistico, incoraggiato da punteggiature organistiche e di chitarra, si apre ad interventi di armonica… il tutto riporta alla mente certe
atmosfere di canzoni dimenticate degli anni '5O-'60.
La
seconda facciata di tale lavoro denota forse un maggior sforzo di scelta e di
penetramento nello spirito dei brani selezionati per comporla: September Song, Moonlight
In Vermont e SomeoneToWatch Over Me
hanno una classe ed una raffinatezza davvero rare; On The Sunny Side Of The Street e Don't
GetAroundMuchAnymore, di contrario
sono pervase di sangue swing e possiedono una loro ben precisa personalità. Un
disco, questo, che piacerà non solo agli amanti delle canzoni di Carmichael, Berlin, Ellington, Gershwinetc... ma pure agli estimatori
della buona musica in genere. L'ultimo romantico del Texas, ha colpito
ancora... al cuore.