Nel retro della
copertina si trova la frase di Marcel Proust: “Il vero viaggio verso la
scoperta non consiste nel cercare nuovi panorami ma nell’avere nuovi occhi“. E
forse è proprio con questo spirito che si deve pigiare il tasto play del
proprio lettore. Bryan Simpson al mandolino e voci, Mike Jump alla chitarra e
voci, Matt Menefea al banjo e mandolino, Ross Holmes al violino, Andy Moritz al
basso più qualche altro ospite come Byron House al contrabbasso, Sonya Isaac e
Dennis Wilson alle voci, Kenny Soper al didgereedoo e Jeff Taylor al penny
whistle. Band che si colloca in quel gruppo che mi piace definire nuova
generazione bluegrass, musicisti legati in qualche modo alla tradizione ma che
nel loro percorso cercano nuove sonorità avendo ben mangiato, studiato ed
interiorizzato tutto il repertorio dai New Grass Revival in poi.
I brani
presentati sono originali e quasi tutti della penna di Bryan Simpson, suonati
con piglio rock e ottima compattezza di suono. Il groove ed il ritmo non
mancano come non mancano le capacità tecniche dei musicisti. Ascoltandoli mi
viene da paragonarli agli Infamous Stringdusters di cui calcano un po’ le orme
ma, come ho già scritto, con accenti rockeggianti.
Se devo muovere
una critica non è alla qualità dei singoli ne alla qualità delle composizioni
ma alle idee che, pur collocandosi nel nuovo filone, hanno di tanto in tanto di
già sentito (Sam Bush su tutti). Con questo senza assolutamente sminuire il
lavoro che anzi trovo più che valido, interessante ed originale, dedicato a
palati abituati a gustare bluegrass moderno con puntate al pop rock.
Per finire: un
bel disco, non fatevi influenzare negativamente dalle mie critiche di recensore
pignolo e maniaco, vale abbondantemente l’acquisto.