Pennsylvania Sunrise è un evento speciale nella vita e nella carriera di Irene
Kelley, eccellente autrice e cantante tra country music e bluegrass. Sebbene
fin da giovanissima Irene si sia fatta conoscere ed apprezzare per doti vocali
e sincero spirito roots, difficoltà varie ne hanno in qualche modo frenato un
successo assolutamente meritato. Le sue canzoni comunque sono state riprese con
successo da musicisti del calibro di Alan Jackson, Trisha Yearwood, Loretta
Lynn, The Whites e Rhonda Vincent ma solo a fine anni novanta, dopo parecchio
tempo, è riuscita a produrre il suo debutto intitolato Simple Path, seguito nel 2004 dall’altrettanto pregevole Thunderbird.
Ora, a dieci anni di distanza,
Irene Kelley si ripresenta al pubblico con un lavoro che segna il suo pieno
ritorno alle radici, autobiografico e limpido, musicalmente eccellente grazie
all’aiuto di una all-star band incredibile, con il
produttore e bassista Mark Fain, Bryan Sutton, Stuart Duncan, Adam Steffey, Pat
McInerney sugli scudi e il contributo vocale di Claire Lynch (con cui condivide
tonalità e calore interpretativo), Trisha Yearwood, Carl Jackson, Rhonda
Vincent e Darren Vincent tra gli altri.
L’album è un percorso a ritroso
nella memoria collettiva dell’area appalachiana, rivisitando la fatica e il
dolore del lavoro nelle miniere di carbone ma anche la nostalgia per i ‘good
ol’ times’ che pervade la tradizione country e bluegrass fin dalle origini. La
grazia e la sensibilità di Irene Kelley, la sua solida formazione musicale, le
sue innate doti compositive fanno di questo album un prodotto da godere e
centellinare dalla prima all’ultima nota, accostandolo a Coal di Kathy Mattea per emotività e tematiche e alla prima
produzione di Nanci Griffith per l’accostamento tra acustico ed elettrico
proposto con grande gusto. Bentornata Irene.