A
distanza di poco più di due anni dal precedente The Company You Keep,
John Gorka ci regala un’altra raccolta di grandi canzoni che vanno ad aggiungersi
ad una discografia di notevole livello che ha contribuito a renderlo uno dei
maggiori rappresentanti della canzone d’autore statunitense. Non è facile
descrivere ne tantomeno etichettare la musica di John Gorka: la base di
partenza è sicuramente la tradizione folk americana, ma sarebbe quantomeno
riduttivo definirlo semplicemente un folksinger.
John
Gorka è un poeta nella cui visione musicale trovano spazio le radici ma anche
influenze più contemporanee in un contesto in cui strumenti elettrici ed
acustici si trovano in mirabile equilibrio. La sua capacità di affiancare
tematiche personali ed autobiografiche ad un senso più universale di amore e
pace è semplicemente eccezionale, come pochi sanno fare (i primi nomi che mi
vengono in mente sono Carrie Newcomer e Bruce Cockburn).
Old
Futures Gone
segue abbastanza fedelmente lo stile del precedente lavoro, con un’attenzione
particolare per gli arrangiamenti strumentali (in cui spiccano le tastiere di
Jeff Victor, le chitarre elettriche di Dean Magraw e di Dirk Freymuth e le
colorate percussioni di Marc Anderson) e le armonie vocali.
Da questo
punto di vista, seguendo l’esempio di The Company You Keep, queste
session sono arricchite dalle voci di Lucy Kaplansky, Alice Peacock, Kathleen
Johnson e Joel Sayles che danno un tocco ulteriormente aggraziato alle canzoni.
Qualitativamente
la media delle composizioni è di livello medio alto con almeno sette-otto
canzoni che possono entrare di diritto tra le sue migliori ‘creature’. Dogs
& Thunder, Always, Outside, Trouble & Care (in
cui John si esibisce anche al banjo dandole una interessante patina
tradizionale), Old Future, Poor Side, Riverside e War
Makes War sono a mio parere i momenti più intriganti ed intensi di un album
la cui forza sta nell’unire sensibilità e passione, senso della melodia e
introspezione, il tutto con grande naturalezza.
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