Non si è ancora spenta l'eco del successo
conseguito dal Bluegrass Album 1, e giá arriva sul nostro mercato il Vol.2
(e l'annuncio, in forma ufficiosa, che è giá stato registrato il Vol.3),
con un giá notevole successo negli States e un tentativo di 'imitazione',
peraltro molto originale e graditissimo, da parte di Grisman e colleghi in Here
Today (vedi recensione di Martino Coppo).
Che il bluegrass tradizionale abbia un
buon seguito pare ormai scontato, quindi non credo ci sia molto da discutere
sulle ragioni del successo del primo Bluegrass Album: i piú critici,
peró, potrebbero obiettare (e cosí hanno fatto) che è gioco facile per
musicisti come Crowe, Rice e compagnia 'far rendere' pezzi come Molly &
Tenbrooks o I'm On My Way Back To The Old Home, classici sempre
amati e di per sè trascinanti. Ebbene, questo Vol.2 dá modo di meditare
in questo senso: la maggior parte dei pezzi, infatti, sono oscuri o sconosciuti
successi di Flatt & Scruggs o Johnny & Jack, incisi a loro tempo per la
Mercury e mai piú riediti, nè tantomeno 'covered' da altri.
I titoli noti ai piú sono pochi: Your
Love Is Like A Flower, Ocean Of Diamonds, I'll Never Shed Another Tear e Don't
This Road Look Rough And Rocky, mentre decisamente ignoti sono, o meglio
erano, brani come Is It Too Late o Back To The Cross (sto in
realtá mentendo spudoratamente, dato che conoscevo questi ed alcuni degli altri
pezzi dei vecchi album Mercury o dell'LP Live Show di Flatt &
Scruggs, ma da una mia piccola indagine ho appurato che non siamo in molti a
possedere questi gioiellini).
Ebbene, per dare un taglio a questo
confusissimo discorso, il lavoro dei nostri musicisti si fa decisamente duro su
pezzi come questi, in massima parte medio-lenti o decisamente tranquilli, e
come detto privi di sicura e valida fama come quella di cui godevano i loro
predecessori.
I risultati, ad onta di queste premesse,
si sono dimostrati ottimi sotto tutti i punti di vista, e questo Bluegrass
Album Vol.2 appare di conseguenza, almeno ai miei occhi, quasi piú
interessante del Vol.1.
Il banjo di Crowe è sempre piú esplosivo,
e il gusto raffinato di J.D. è evidentissimo nel timbro (che è per me 'IL'
timbro di banjo per eccellenza), nella perfezione del tempo, nella varietá
sempre adeguata del back-up, oltre che nei break sempre giusti ( e definire un
assolo 'giusto' è forse il miglior complimento che ad esso si possa fare).
Tony Rice è sempre strabiliante alla
chitarra, anche se, come nel precedente album, il suo lavoro è quasi
esclusivamente di accompagnamento: in questo forse sta una lezione per molti
chitarristi bluegrass, un pó troppo pronti (forse sotto la spinta dell'esempio
di virtuosi come Dan Crary) a riversare sull'ascoltatore valanghe di note in
ogni pezzo!
Si puó e si deve essere buoni chitarristi
bluegrass anche soltanto accompagnando gli altri strumenti, e Tony Rice,
mettendo da parte la fetta della sua personalitá che si esprime in un album
come Manzanita, Mar West o il piú recente Backwaters, ci dá una
dimostrazione di come si possa essere perfetti eseguendo un solo break su un
album di dodici cuts.
Doyle Lawson, Bobby Hicks e Todd Phillips
si commentano da soli: il loro lavoro è in ogni momento affascinante e di
ottimo gusto.
Quello che peró attira sopra ogni cosa in
questo LP è la perfezione delle voci: il lead di Rice è ulteriormente
migliorato, assimilando la lezione di Flatt, Monroe e degli altri grandi in un
gusto piú attuale e consono al nostro orecchio contemporaneo, e i cori, siano
essi duo, trio o quartetto, si apprezzano sempre per la loro fusione e per il
ritmo perfetto, confermando che non era artefatto o montatura ció che ci aveva
lasciato secchi all'ascolto del Vol.1.
Non vorrei sembrare monotono, ma sono giá
un pó ansioso nell'attesa che la Rounder pubblichi il Vol.3... e attendo
la Bluegrass Album Band per una prova che, sono sicuro, sará per la terza volta
positiva.